Liti tra soci al 50% come difendersi da chi prevale sempre

Posted by on Mag 15, 2019

Liti tra soci al 50% come difendersi da chi prevale sempre

Liti tra soci al 50%: ecco le possibili vie di uscita

MARTEDÌ 14 MAGGIO 2019
Giornale di Merate 4 

Il professionista di Merate prospetta le possibili vie d’uscita alle diverse situazioni problematiche che possono verificarsi tra i proprietari nei casi di liti tra soci al 50%

Nella realtà delle società in cui avvengono liti tra soci al 50%, spesso, accade perchè uno dei due riesce a detenere una speciale «golden share» in grado di prevalere quasi sempre sull’altro in occasione delle scelte aziendali: ecco come e perché. Di seguito anche due validi suggerimenti per tutelarsi da queste situazioni.

Quando si inizia un’avventura imprenditoriale, normalmente l’entusiasmo regna sovrano. La voglia di fare, di emergere professionalmente ed affermarsi spesso spinge i protagonisti a focalizzarsi solo sul business tralasciando alcuni aspetti collaterali che, prima o poi, potrebbero venire a galla. È assai frequente che “storie di successo” nascano dall’incontro professionale di due “storie individuali”, ed è altrettanto diffuso che, per rispetto reciproco, motivi familiari, o semplice senso di equità ed imparzialità l’avventura inizi con due soci al 50%.

Partenza di slancio…

Due amici, ancora più di frequente due fratelli ma anche, nei casi più disparati ed esilaranti, due cognati o due cognate. In questi contesti di inizio attività, vuoi a causa della scarsa informazione sulle opportunità legislative, vuoi per ragioni di bilancio, non viene data grande importanza allo statuto che regola il rapporto tra i soci. Ragion per cui i neo soci finiscono per adottare un modello “standard”, spesso proposto dal Notaio o dal commercialista, senza porvi particolare importanza perché il focus è attratto solo dal business e l’unica preoccupazione relativa alla governance dell’azienda è evitare che un socio possa prevalere sull’altro. Entrambi i soci avranno pieni poteri di voto e accesso al Consiglio di Amministrazione, eleggendo sì un Presidente, che abbia la rappresentanza della società, ma, allo stesso tempo, assicurandosi che le deleghe dei due amministratori delegati siano identiche o sostanzialmente coincidenti.

La governance a specchio non sempre dura a lungo

È facile che la nuova realtà, come nelle migliori tradizioni, parta con una sorta di governance a specchio, ove nessuno dei due soci, indipendentemente dall’età, dalle esperienze previamente acquisite, o dall’impegno profuso, possa primeggiare sull’altro. Trascorsi gli anni è altrettanto frequente che la simmetria degli inizi venga meno, a favore di uno dei due soci e a discapito dell’altro. Risalire al “perché o percome” risulta assai arduo, ma è un dato di fatto che, quasi sempre, idee, progetti e strategie, di uno finiscono per prevalere su quelle dell’altro. È singolare riscontrare come, molto spesso, questo fenomeno avvenga sostanzialmente a senso unico ed a discapito dello stesso socio, senza alcuna alternanza, come sarebbe naturale presumere da una situazione di equilibrio. Non sorprende, quindi, che la condizione di parità giuridica sulla carta, ma disparità (spesso anche economica in termini di compenso) di fatto, provochi uno stato di disagio nel socio debole.

 

Una sensazione di disparità

Questa situazione prima o dopo, anche in relazione alla capacità di sopportazione e tolleranza del singolo, può trasformarsi in frustrazione oppure, nei casi peggiori, sfociare in una vera e propria lite fra i soci che finirà per coinvolgere avvocati e professionisti di parte.

Qualche esempio di liti tra soci al 50

Ecco qualche esempio concreto di socio debole (o di serie B) che si è rivolto a me: «Volevo distribuire il dividendo per poter aiutare mia moglie ad aprire un negozio ma alla fine abbiamo deciso di non farlo perché le banche della società non avrebbero approvato». «Volevo investire in quel macchinario 4.0 per poter lanciare la nuova linea produttiva che rappresenta il sogno della mia vita, ma alla fine abbiamo visto che, finanziariamente, non riusciamo a sostenere il progetto». «Volevo aumentare il mio compenso annuo di amministratore, ma alla fine abbiamo capito che ci sono troppi rischi fiscali nel farlo proprio ora». Risulta semplice intuire come, a furia di accumulare sconfitte, il vaso della pazienza finisca per rompersi, dando luogo a un dissidio insanabile tra i soci.

 

Il conflitto arreca danni

Tanto maggiore sarà il tempo in cui durerà il rapporto conflittuale, tanto profonde e gravi saranno le ferite che l’azienda dovrà curare alla fine della battaglia. A questo punto, però, è lecito chiedersi: «Ma che cosa è cambiato tra i soci rispetto all’inizio?», «Che cosa permette a uno dei due di avere sempre la meglio, pur avendo sulla carta equamente diviso tutti i poteri aziendali?». La risposta, spesso (benché non sempre) è più semplice di quanto potrebbe sembrare: si tratta del «rapporto privilegiato» che si è sviluppato tra uno dei due soci ed il commercialista dell’azienda.

Non è certo un segreto che, in quasi tutte le aziende medio piccole, il commercialista partecipi alle scelte gestionali della società, spesso influenzando, con le sue opinioni, le decisioni assunte dai soci. Inoltre è tutt’altro che infrequente vedere il professionista, che di regola dovrebbe perseguire gli interessi societari con imparzialità, parteggiare, più o meno esplicitamente, per una delle due parti a scapito dell’altra. Prendiamo, ad esempio, i casi sopra citati di diniego alla distribuzione dei dividendi, a nuovi progetti di investimento ed infine di rinuncia all’aumento del compenso ad un amministratore…

Il ruolo del commercialista

È facile intuire come, in tutti e tre i casi, sia stato determinante l’intervento persuasivo del commercialista nell’indirizzare la società verso la scelta definitiva, pienamente auspicata solo da uno dei soci, a discapito dell’altro.

Tutto questo per evidenziare come, spesso, nella realtà aziendale, le decisioni sono prese alla presenza del commercialista che, alle volte, amplificando le criticità dei progetti di uno dei soci, (giudizio delle banche, dinamiche finanziarie, potenziali verifiche fiscali), o, in alternativa, esaltando altri aspetti dell’altro, può pilotare le decisioni della società facendole convergere (quasi sempre) verso le idee di uno solo dei due soci. Solitamente tale scelta di campo avviene per ragioni personali come può essere l’amicizia di lunga data che lega il commercialista ad uno dei soci, oppure, in alternativa, perché il commercialista, ha creato un feeling diretto con l’unico socio che per anni ha tenuto i rapporti con lui. Non da ultimo vi è il senso di riconoscimento da parte del professionista nei confronti del socio che lo ha “scelto” fra altri, infine può avvenire per decisione del commercialista stesso che cerca di capitalizzare il proprio interesse puntando su quello che viene ritenuto, tra i due soci, “il cavallo vincente”.

In altre parole, alle volte, nelle società con il 50% delle quote suddivise equamente tra i due soci, chi riesce ad avere il commercialista dalla sua parte, di fatto, possiede la “Golden Share“, ovvero sia quel qualcosa in più, che gli permette, in concreto, al di là della parità giuridica, di riuscire a persuadere l’altro socio sulla validità e correttezza della propria idea. In tal senso il mio intervento odierno sulle liti tra soci al 50% non vuole esplicitare un giudizio di merito su tali comportamenti del commercialista (che deontologicamente, dovrebbe scegliere da che parte stare e di chiarare a tutti se è il consulente della società o del singolo socio), ma si limita a voler dipingere quell’immagine, il più possibile aderente alla realtà, che ho riscontrato, in più contesti, quando sono stato coinvolto professionalmente da un socio per prevenire una lite.

Le possibili vie d’uscita nelle liti tra soci al 50%

A questo punto è lecito chiedersi quali possono essere le vie d’uscita a questa insanabile situazione per evitare una lite tra soci? La prima risposta, di pancia, sarebbe quella di cambiare il commercialista. Questa opzione è spesso più è facile a dirsi che da farsi… sia per l’ostruzionismo dell’altro socio, che non dimentichiamo possiede il 50% delle quote, sia perché litigare ed allontanare, magari in malo modo, chi conosce tutti i segreti storici della società, può rappresentare, con il tempo, un serio rischio ed un problema. Per queste ragioni, personalmente consiglio di seguire questa via solo se affiancati da un professionista specializzato ed esperto in materia, in modo da ottenere il risultato ed evitare i cosìdetti“ danni collaterali”.In alternativa, la legge, proprio in questo periodo, offre, una importante opportunità, per cercare di pareggiare il “potere”, in termini di capacità persuasiva dei soci che hanno il commercialista dalla loro parte… Ossia quella di nominare, questa volta con la preferenza espressa da parte del socio da sempre svantaggiato, il revisore dei conti o sindaco della società. Questa figura, tra i vari compiti che gli sono assegnati, dovrà controllare la correttezza del lavoro svolto proprio dal commercialista. In particolare il nuovo Codice sulla Crisi delle Imprese impone che le società che, nel biennio precedente, hanno superato anche uno solo dei parametri previsti (€ 2.000.000 di fatturato; € 2.000.000 di attivo di bilancio; 10 addetti in media durante l’esercizio) nominino, nel periodo compreso tra l’approvazione del bilancio e il 16 dicembre (data di entrata in vigore della normativa in materia), un sindaco o in alternativa un revisore.

La figura del revisore/sindaco, obbligatoria se la società ha superato i limiti già indicati, che tecnicamente potrebbe essere nominato da qualsiasi società, anche di dimensioni minori, ha istituzionalmente il ruolo di verificare la presenza di un assetto organizzativo in grado di prevenire la crisi d’azienda ed anche il compito di verificare la correttezza dei valori di bilancio e quindi di verificare tutto l’operato del commercialista. In altre parole la soluzione per cercare di riequilibrare le forze in gioco, potrebbe essere quella di inserire in azienda una nuova figura che possa costituire un “alter ego” al commercialista con poteri e responsabilità superiori allo stesso, in modo particolare quando viene nominato con la veste di sindaco.

Questa potrebbe essere, in alcuni contesti, una soluzione di estrema ratio, non per forza da considerarsi più onerosa rispetto ad altre, soprattutto quando il revisore deve, comunque, essere nominato; ragion per cui, non vi saranno oneri incrementali per la società.Infine, come ultima soluzione, se non vi sono altre alternative, si può arrivare al vero e proprio scontro diretto, ma, purtroppo, l’esperienza insegna che, nelle piccole e medie aziende, comunque vadano le cose, qualunque sia il contesto in cui nasca una lite fra i soci, ad uscirne sconfitta sarà sempre l’Azienda; Azienda intesa come Valore in grado di generare reddito per i proprietari e lavoro per i dipendenti, con tutto ciò che ne consegue, mentre ad arricchirsi saranno sempre i consulenti, avvocati e commercialisti compresi.

Liti tra soci al 50% come difendersi da chi prevale sempre

Rassegna stampa tratta dal Giornale di Merate a cura di Publi(iN) Tel. 039.9989.1 GDME7026 del 27-06_GDME_27062017_4.pdf – GDME – Stampato da: fabio.amoroso@netweek.it 26/06/2017 12.34.52 Per scaricare il PDF clicca qui di seguito: Liti tra soci PDF Download.