Rivalutazione marchi aziendali: una opportunità da non perdere

Rivalutazione marchio aziendali
LUNEDÌ 1 GENNAIO 1
GIORNALE DI MERATE
LA PAROL A AL P ROFESSIONISTA
DOTT. COMMERCIALISTA MAURIZIO DAL MAS
È possibile rivalutare il marchio non registrato o spesato anni fa a conto economico?
Nel rispeto delle norme la risposta è affermativa
L’articolo 110, D.L. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) consente la possibilità di rivalutare i beni di impresa sia per le attività materiali, che per le attività immateriali, oltre che per le partecipazioni.
Tali beni possono essere oggetto di rivalutazione a condizione che:
- figurino nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (bilancio chiuso al 31 dicembre 2019 per i soggetti solari);
- vengano rivalutati nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2020 (per i soggetti solari).
La norma sulla rivalutazione dei marchi
È una norma agevolativa per le imprese e, da un punto di vista imprenditoriale, in termini di costi e benefici che l’operazione comporta, questa rivalutazione risulta essere molto interessante e degna di particolare attenzione per molteplici motivazioni:
- innanzi tutto può essere gratuita, se fatta ai soli fini civilistici,
- può essere estesa anche in ambito tributario, mediante pagamento di una imposta sostitutiva del 3% sui maggiori valori iscritti (senza distinzione tra beni ammortizzabili e non ammortizzabili),
- è possibile effettuare la rivalutazione distintamente per singoli beni (a differenza delle precedenti rivalutazioni che, invece, prevedevano “categorie omogenee”),
- gli ammortamenti fiscalmente deducibili e calcolati sui nuovi valori iscritti, decorrono dal primo esercizio successivo alla rivalutazione quindi, dall’esercizio 2021,
- migliora gli indici di bilancio incrementando il valore del patrimonio netto aziendale e di conseguenza l’affidabilità bancaria della società,
- il pagamento dell’imposta sostitutiva può avvenire, a prescindere dall’importo, in un massimo di tre rate di pari importo, da effettuarsi la prima quest’anno, e le successive due nei prossimi due anni, sempre entro i termini previsti per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.
Si tratta, quindi di una grande opportunità per rivalutare fiscalmente, a prezzi convenienti, tutte le attività materiali (quali capannoni, uffici, macchinari ed attrezzature), ma anche attività immateriali, tra le quali i marchi …. ed è proprio su questa specifica voce che vorrei, in questa sede, fare alcune riflessioni.
Conseguenze della norma
• gli ammortamenti fiscalmente deducibili e calcolati sui nuovi valori iscritti, decorrono dal primo esercizio successivo alla rivalutazione quindi, dall’esercizio 2021,
• migliora gli indici di bilancio incrementando il valore del patrimonio netto aziendale e di conseguenza l’affidabilità bancaria della società,
Si tratta, quindi di una grande opportunità per rivalutare fiscalmente, a prezzi convenienti, tutte le attività materiali (quali capannoni, uffici, macchinari ed attrezzature), ma anche attività immateriali, tra le quali rientrano i marchi… ed è proprio su questa specifica voce che vorrei, in questa sede, fare alcune riflessioni.
Che cos’è un marchio aziendale?
Il marchio indica un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, con parole, disegni, lettere, cifre ..ecc, in grado di distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli delle altre.
A tal proposito, la giurisprudenza ha riconosciuto che il marchio può svolgere diverse funzioni:
- distintiva, ossia di comunicazione al consumatore circa l’origine imprenditoriale del prodotto o servizio;
- di qualità, dal momento che, associando un determinato segno ad una impresa, il consumatore può collegare determinate qualità o caratteristiche a un prodotto o servizio sul mercato (ad esempio con riferimento ai marchi di beni di lusso);
- di comunicazione, con riferimento a ogni altra informazione che possa essere espressa dal segno distintivo utilizzato;
- pubblicitaria, attirando i consumatori verso determinati prodotti o servizi;
Sempre più spesso le aziende medio piccole del nostro territorio, per cercare di ottenere una maggiore visibilità, hanno investito realizzando i propri siti web e, contestualmente, hanno creato il proprio marchio identificativo dell’azienda o dei propri prodotti.
Girando semplicemente con google maps è facile vedere come, in tutta la Brianza, migliaia di piccoli imprenditori abbiano un marchio che li identifichi … ma quanto vale questo marchio?

Il valore di un marchio: quanto vale?
Per decenni il marchio è stato considerato un elemento dell’avviamento dell’impresa inscindibilmente legato a questa; con il tempo, però, ha prevalso la posizione aziendalistica che vedeva il marchio come una attività autonoma ed indipendente.
Il calcolo del valore del marchio da un punto di vista logico, è relativamente semplice.
Supponiamo che, facendo “una adeguata analisi di mercato”, l’1% del fatturato aziendale sia riconducibile alla presenza del brand che distingue il prodotto da quello della concorrenza privo di marchio. In relazione a differenti valutazioni (ad esempio l’anzianità dello stesso marchio o degli amministratori) sarà poi possibile ipotizzare che lo stesso sarà presente nel mercato per i prossimi 5/10 anni. Per tanto il valore identificativo prima calcolato, dovrà essere moltiplicato per 5 o per 10. Alla fine sarà sufficiente rendere attuale il valore futuro del marchio così ottenuto, per determinare la base di calcolo dell’imposta sostitutiva e dei futuri ammortamenti.
Il calcolo è presto fatto: nell’ipotesi delineata il valore del marchio potrebbe essere quantificato in poco meno del 10% del fatturato!!
Un valore, questo, che potrebbe essere giudicato interessante da molti piccoli imprenditori, soprattutto considerando che è fiscalmente deducibile e che non rappresenta un costo monetario!
Da un punto di vista pratico, purtroppo, il procedimento per determinare il valore del marchio è un po’ più complesso. Secondo quanto previsto dai PIV (Principi Italiani di Valutazione), la quantificazione, per essere giudicata attendibile e sostenibile di fronte a futuri controlli della Guardia di Finanza, è consigliabile che sia determinata con una perizia redatta da un revisore indipendente (preferibilmente non dal proprio commercialista) che sia soprattutto in grado di svolgere l“adeguata analisi di mercato”, in completa autonomia ed avvalendosi di appositi istituti specializzati.
Analizziamo, ora, quale sia l’ampiezza del perimetro della legge, ed, a tal riguardo, due sono le domande che spesso mi rivolgono gli imprenditori brianzoli.
Rivalutazione marchio: è possibile ancorché non registrato?
Per quanto riguarda la registrazione preciso che il marchio non registrato è classificato giuridicamente come un “marchio di fatto”. L’imprenditore che ottiene la registrazione di un marchio gode di una presunzione assoluta di titolarità del diritto e di una protezione estesa a tutto il territorio nazionale. Il titolare di un “marchio di fatto”, invece, gode di tutela solo provando il “preuso” ed unicamente entro l’ambito territoriale nel quale il marchio è stato usato. Chi usa un marchio ma non lo registra non ottiene dunque la protezione prevista dall’articolo 20 del Codice della Proprietà Industriale (Diritti conferiti dalla registrazione), tuttavia può ottenere la tutela prevista dall’articolo 2571 del Codice Civile.
Ricordo che la Legge prevede che la rivalutazione del marchio sia possibile a condizione che il bene immateriale (marchio) sia esistente al 31 dicembre 2019 e sia giuridicamente tutelato. Il marchio, quindi, anche se non registrato, in quanto bene tutelato giuridicamente ai sensi e per gli effetti dell’art. 2571 del codice civile, può essere rivalutato a condizione che vi sia stato un “preuso”, appunto, almeno dal 31 dicembre 2019. Dello stesso avviso anche l’Assonime con le circolari nn. 13/2001 e 23/2006, nonché alcune Risoluzioni Ministeriali e (R.M. 9/611/91 e Risposta n./19/20) , …… naturalmente è fortemente consigliato cogliere l’opportunità e registrarlo prima della perizia.
È possibile rivalutare il marchio spesato direttamente nel conto economico e non presente nell’attivo di bilancio?
Capita sovente, inoltre, che le spese di progettazione e realizzazione dei marchi siano state di importo non rilevante e come tali siano state spesate direttamente nel conto economico, senza alcuna iscrizione nell’attivo patrimoniale.
Anche in questo contesto, seppur non esplicitamente previsto dalla normativa, la soluzione sembrerebbe affermativa in quanto coerente con alcune pronunce fiscali già espresse in merito, quali la circolare 14/E/17 (che ammette la rivalutazione di tali beni); l’art. 2 del DM 162/2001 (che ammette l’operazione anche per i beni immateriali completamente ammortizzati, purché giuridicamente tutelati), le risposte agli interpelli n.19/2020 e n.609/2020 (che consentono il frazionamento delle plusvalenze riferite a tali beni, il quale a sua volta presuppone il loro “possesso” a norma dell’art. 86 co. 4 del TUIR.).
La grande opportunità
Oggi e solo per questo bilancio, vi è dunque la grande opportunità, anche per tutti i piccoli e medi imprenditori, di (ri)valutare il proprio marchio iscrivendo una apposita voce che deve essere inserita nel bilancio tra le attività immateriali ed anche nel libro dei cespiti ammortizzabili.
Il vantaggio è palese:
- costa il 3% una tantum pagabile in tre rate;
- permette, attraverso gli ammortamenti, di risparmiare il 27,9% (per le società di capitali);
- identifica un bene in bilancio che nel futuro potrà aver una propria autonomia: potrà essere ceduto singolarmente, affittato, sommato (e non più confuso) al valore dell’avviamento quando ci sarà l’occasione di cedere l’attività.
I piccoli artigiani e commercianti, del nostro territorio, che tanto hanno sofferto in questo periodo, avranno finalmente la possibilità di dar ancor più luce e visibilità esterna al loro marchio, che, in fondo, simboleggia la sintesi estrema di tutte le ragioni che gli danno la forza ed il coraggio per continuare a lottare.

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